(Pisa, 1996) frequenta il biennio specialistico in Grafica d’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Attraverso la sua ricerca artistica rivolge uno sguardo critico alle strutture culturali attraverso cui vediamo e raccontiamo la realtà, in patricolar modo i concetti di identità e alterità. Sviluppa la sua riflessione conducendo parallelamente un lavoro intimo e personale sulla propria esperienza individuale e una pratica artistica partecipata e collaborativa. I suoi lavori nascono dalla sperimentazione sulle tecniche tradizionali della grafica e della stampa d’arte, sconfinando nelle pratiche performative, nell’istallazione e nell’arte digitale. Nell’estate del 2019, a Łódź, Polonia, nell’ambito della summer school PATA - Printmaking in the 3rd and 4th dimension, presenta il progetto The Printmaker’s Meal. Nel 2020, come parte del collettivo Acquastrana, partecipa alla residenza artistica online Circostanze presso il Check Point Charly di Bologna. Nello stesso anno espone nella mostra online Trasmissione, nata dalla collaborazione fra studenti e studentesse dell’ Università di Bologna e dell’Accademia di Belle Arti. La galleria Attitudes ha già ospitato un suo lavoro in occasione della mostra Disseminare.
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Francesco De Conno (Pisa, 1996) crea per Spazio ai margini un’opera composita dal titolo Frammenti verdi. Il lavoro muove i primi passi a partire dalla suggestione di un fatto storico, lo scandalo dei Balletti verdi dei primi anni ‘60, relativo ad una serie di feste organizzate nella campagna bresciana e frequentate dalla comunità omosessuale, evento che suscitò enorme scalpore e portò ad un’inchiesta con oltre 200 indagati.
L’artista rimane colpito dalla narrazione che venne promossa dalla stampa locale e nazionale, per cui il fatto di cronaca divenne un pretesto per creare un campo di battaglia politico e ideologico tra partiti e istituzioni. Furono in molti a demonizzare l’evento, costruendo una dialettica che proiettava sul tema dell’omosessualità una serie di discorsi morali che ben poco avevano a che vedere con gli eventi o con un reale dibattito sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale.
Così come le altre realtà che abitano i margini, la comunità LGBT+ e le personalità queer sono tutt’oggi oggetto di una forte stigmatizzazione, schiacciate da una serie di narrazioni prodotte da altri attori sociali. La storia e gli immaginari culturalmente imposti e diffusi nel corso dei secoli impongono una loro definizione univoca, impedendone l’autodeterminazione e l’emersione delle sfumature che ne costituiscono l’identità necessariamente più complessa. È un racconto che costringe, toglie spazio vitale e fiato – spiega l’artista – e che non fa altro che accentuarne l’emarginazione sociale, derivante dall’impossibilità di svincolarsi dalla narrazione vigente.
La volontà di Frammenti verdi è dunque quella di ritagliare uno spazio di discorso, raccogliendo diverse voci di personalità queer attraverso la creazione di un’opera-archivio digitale, in cui i punti di vista di vari individui si mescolano nello spazio virtuale, nel tentativo di restituire almeno in parte la polifonia di un gruppo composto da diverse identità. Nell’archivio sono state elaborate e assemblate numerose testimonianze di persone queer, relative al loro modo di vivere la propria identità e abbinate a documenti che mostrano invece un panorama culturale in cui faticano a vedersi riconosciut*.
Sono frammenti verdi, così come era verde il garofano della giacca di Oscar Wilde, fiore che a lungo ha costituito una delle associazioni simboliche più immediate con la comunità omosessuale. Verde anche come il colore del chroma key, tecnologia che viene ampiamente sfruttata all’interno dell’opera per giocare sul concetto di sovrapposizioni, sostituzioni e trasparenze e che, proprio per via delle sue possibilità digitali, l’artista stesso definisce come un colore “particolarmente evidente e tremendamente fragile” al contempo.
L’opera di De Conno analizza le coordinate di questa geografia sociale, evidenziandone l’arbitrarietà dell’imposizione: propone un cambiamento di prospettiva rispetto ai margini, ponendoli al centro della narrazione. Il racconto che ne deriva, proprio perché costituito da individualità eterogenee, risulta necessariamente non univoco, terreno dissestato di incontro composto da frammenti di personalità e esperienze che non possono essere ricondotte ad una sola immagine.
Testo a cura del collettivo Pépinières
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